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Chan-ho Park, una “Photo Mudang (sciamana)”: conversazione sullo sciamanesimo coreano passato e presente
A cura di Kyoo Lee

Nota curatoriale: Lo sciamanesimo coreano (mukyo o musok) è la più antica disciplina religiosa e spirituale indigena della Corea, antecedente al buddhismo, al confucianesimo e al cristianesimo. I suoi seguaci hanno a disposizione una miriade di divinità ancestrali e celesti a cui rivolgersi in cerca di protezione o per risolvere problemi personali e familiari. Come? Attraverso uno sciamano o una sciamana (mudang) che media tra gli esseri umani e gli dèi, intrecciando le loro storie. I complessi rituali sciamanici, detti kut, che si trasformano in vere e proprie feste comunitarie, sono profondamente radicati nelle ricche tradizioni artistiche del paese, in cui il canto e la danza (mu) si fondono con il dolore e la morte in un divenire permanente.

 

Di seguito è riportata una sintesi della recente intervista in lingua coreana a Chan-ho Park.

 

  1. Noi “torniamo”: quando è cominciato il mio lavoro artistico sullo sciamanesimo e come sono diventato una Photo Mudang.

In coreano, quando qualcuno muore, diciamo che “è tornato”, ma dove? Fin da bambino, da quando ho perso mia madre, mi sono sempre interrogato sul senso della vita e della morte, soprattutto sui rituali che circondano il morire e la morte. Il mio lavoro fotografico e video su Gui (ritorno), termine omofono della parola che sta per “fantasma” o “spirito”, rappresenta una riflessione stratificata su tutti quegli anni di dolore e riflessione filosofica. La mia pratica artistica nasce in parte da esperienze profondamente personali legate alla morte, alla comunità e alla spiritualità.

A metà degli anni 2000, in occasione di biennali e festival di fotografia, ho iniziato a incontrare fotografi di altri paesi, alcuni dei quali parlavano con competenza e profondità di epopee mitologiche e storie della creazione che tuttavia non hanno costituito i miti fondativi di una nazione. Ho cominciato a chiedermi quale fosse la situazione in Corea. Così è nato il mio interesse per lo sciamanesimo coreano, le sue radici autoctone e la sua storia, repressa ma resiliente: un fenomeno che, nonostante tutto, continua a prosperare vivacemente. Daedong-gut (2023, una grande cerimonia sciamanica di “unificazione”) è un esempio recente della mia ricerca e documentazione visiva della cultura sciamanica coreana.

Nel corso del tempo, hanno iniziato a chiamarmi scherzosamente “Photo Mudang (sciamana)”, un titolo informale conferitomi dalla comunità degli sciamani coreani. Dicono che il mio lavoro sia intriso di un’energia particolare, di una comprensione incarnata della pratica. Mi sento onorato di un’accoglienza così calorosa da parte loro.

  

  1. Approfondire e andare oltre: in che modo il mio interesse per lo sciamanesimo coreano è diventato diasporico.

Ho anche iniziato a incontrare molti coreani adottati all’estero: tra gli anni settanta e ottanta sono stati circa 200.000 i bambini di origine coreana adottati in paesi occidentali. Le loro esistenze, costellate di esperienze traumatiche e afflitte da dolorosi problemi di identità, mi hanno profondamente commosso. Tutto ciò mi ha portato a lavorare con queste persone, facendomi portavoce della loro storia come fotografo, ma anche pregando per loro alla luce delle candele nel corso di cerimonie private a cui partecipavamo insieme. Come possiamo dare il bentornato a queste anime, un tempo coreane, e che tuttavia vennero rifiutate? L’etica e il pathos del musok, così come il logos con i suoi codici ermeneutici e il processo di divinazione, svolgono un ruolo terapeutico fondamentale, come dimostra il kut, forma di teatro terapeutico e semi-improvvisato spesso rappresentato pubblicamente come offerta alla comunità. Di recente, ad esempio, ho anche dato una mano a organizzare programmi basati sul musok per placare e guarire le anime ferite nell’era dell’odio e della violenza contro gli asiatici seguita alla pandemia di coronavirus.

 

  1. Un’ottica duale: dell’oppressione dello sciamanesimo, punto di incontro tra confucianesimo e imperialismo.

Un fenomeno di immediata rilevanza, e con profonde risonanze storiche, è la duplice oppressione della cultura sciamanica da parte del confucianesimo patriarcale da un lato e del colonialismo giapponese dall’altro. Come prevedibile, le figlie indesiderate venivano allontanate per prime per cercare di salvare i maschi. Oltre a ciò, i rituali sciamanici popolari erano politicamente temuti o al contrario feticizzati in senso coloniale dal governo imperiale giapponese. Ancora una volta, le problematiche relative alle persone adottate e le espressioni artistiche a loro indirizzate o da loro concepite possono essere indagate attraverso questa duplice lente.

  

  1. Contro la storiografia sciovinista e l’etnografia orientalista: perché il ritorno dello sciamanesimo?

Su un piano più globale e trans-storico, questo duplice focus implica oggi un confronto critico con gli orientamenti tipicamente orientalisti e sciovinisti nei confronti del patrimonio vivente dello sciamanesimo coreano, che non dovrebbe essere “reso altro”, considerato come un oggetto di curiosità accademica anacronistica o oziosa. Al contrario, per parte mia faccio leva sulla sua ascendenza matrilineare, rimanendo attivamente coinvolto in varie pratiche collaborative a favore delle comunità in difficoltà in qualsiasi campo.